Questa relazione vuole essere vera, sintetica e credibile. Vorrebbe potersi rivolgere ai medici refrattari, per questo motivo vi inserisco la diagnosi.
Diagnosi: Lombosciatalgia cronica su base degenerativa bilaterale in territorio di L5 con spondiloartrosi ed artrosi interapofisaria diffusa. Spondilolistesi di L4 su L5. Stenosi del canale lombare. Ernia Discale intraforaminale destra su L4 L5. Bilaterali calcificazioni meniscali e note artrosiche.
Dall’espressione sconcertata dello specialista che consultai e che leggeva il CD della mia Risonanza Magnetica, ho capito che la medicina non aveva risposte per me. Mi ha offerto un antidolorifico-stupefacente (tutti gli altri antidolorifici assunti fino a quel momento erano stati privi di efficacia), ed un busto completo di spallacci. Ho rifiutato il farmaco appena -in breve tempo- ho capito di che genere era. Mi sentivo profondamente offesa e la mia mente confusa cercava una direzione in cui porre al sicuro il proprio Io. Un’amica mi ha accompagnata dal dottor A.C.
ll Dottore mi ha chiesto di non indossare piu il busto e quel gesto mi ha rassicurata, anche se in quel momento non ne ho capito appieno l’ampia apertura terapeutica. Da 5-6 mesi quasi non mi reggevo sulle gambe, potevo, con fatica, fare solo una decina di passi per volta.
Subito dopo l'Ottimizzazione ho avvertito una sorta di inquadramento delle vertebre basse della colonna e ho capito che dovevo imparare a stare in posizione eretta. In seguito mi sono resa conto del legame stretto tra le vertebre della zona lombare e le gambe, in particolare con le ginocchia, anch’esse compromesse. Ancora più in là ho iniziato a pensare che, nella misura in cui la situazione può migliorare, questo deve avvenire necessariamente in contemporanea in tutte le parti interessate.
Man mano che sono entrata nell’ottica dell’ottimizzazione, non solo credendo nella sua efficacia ma soprattutto comprendendola, e ho imparato ad osservare il mio corpo con attenzione, ho capito che non esponendomi al freddo e all’umidita posso imparare a gestire l’artrosi.
L’esperienza che sto vivendo mi situa in un’area che mi sovrasta e anche se mi fa scendere in campo a mani nude ad affrontare l’avversario, mi stupisce quanto mi supera. Verso la conclusione delle sedute del primo ciclo di ottimizzazione, considerando "ciò che la mia vita stava facendo di me", ho deciso che a 72 anni è tempo che io ridimensioni il mio "fare" per prendermi cura della mia vita in maniera adeguata, soprattutto nel tenere a bada la mia malattia, perché l’artrosi non mi colga ancora di sorpresa.
Alla terapia REAC devo la conferma di aver fatto bene a lasciare spontaneamente il farmaco che mi era stato prescritto, creandomi così, in ambito protetto, un solido precedente per difendermi in tal senso anche in futuro. L’opportunità di lasciare il busto, l’aver ripreso a camminare ma soprattutto l'ottimizzazione mi hanno restituito tutta intera a me stessa, con il ritrovato gusto di star bene. Rendo lode alla "Provvidenza che governa il mondo" * (Dante Alighieri) perché suscita ancora menti attente e capaci di studio costante. Uomini coraggiosi, appassionati apripista nei sentieri difficili della medicina a misura di persona umana, come i Medici dell’Istituto Rinaldi Fontani.
Mi chiedo se non siano maturi i tempi per inserire la terapia REAC come momento fondamentale di prevenzione nel programma di educazione alla salute e se la relativa intelligente macchina non possa essere a disposizione di ogni medico di base, capace di aprirsi all’antica novità del suo metodo.